21 ottobre 2004 - Dopo un’elezione presidenziale finita in una farsesca conta dei voti in Florida
e con il suo esito deciso dalla Corte Suprema tra mille sospetti e polemiche,
molti americani – ma anche cittadini del resto del mondo – si interrogarono sullo
stato della democrazia negli Usa, augurandosi una sola cosa: che quella vergogna
non si ripetesse più. Quattro anni dopo, però, i problemi nello Stato che George
W. Bush si aggiudicò con soli 537 voti di scarto non sono stati risolti. Anzi,
se ne sono aggiunti di nuovi. E a meno di due settimane dall’Election Day anche
tra molti osservatori indipendenti è diffuso il timore che in Florida, il più
importante degli Stati in bilico tra Bush e Kerry, la partita per eleggere il
nuovo inquilino della Casa Bianca possa essere truccata.
Nel 2000 il segretario di Stato della Florida era Katherine Harris, considerata
una irriducibile sostenitrice di Bush. Fu lei a presiedere le operazioni di conta
e riconta dei voti, resa problematica dal fatto che molte contee dello “Stato
del sole” usavano il sistema di voto delle punch card, le schede da punzonare in corrispondenza del nome del candidato scelto. Schede
maledettamente poco chiare per gli elettori, ma soprattutto difettose perché il
tondino di carta, dopo la punzonatura, a volte rimaneva attaccato. Si pose il
problema della convalida di questi voti (erano nulli o no?), e per questo la conta
venne eseguita più volte e il vincitore cambiava di conseguenza. La grande confusione
fu fatta finire con una sentenza della Corte Suprema, largamente sospettata di
simpatie repubblicane.

Ora Katherine Harris è una rappresentante al Congresso di Washington. Al suo
posto, come segretario di Stato della Florida, c’è Glenda Hood. Già soprannominata
dal
New York Times “Katherine Harris II” e fresca di richiesta di dimissioni da parte dell’ex presidente
Ji
mmy Carter (leader di una fondazione che controlla la regolarità delle elezioni
in tutto il mondo), Glenda Hood è un’altra sfegatata repubblicana. Grazie a una
nuova legge, inoltre, la Hood non è stata eletta dai cittadini della Florida bensì
nominata direttamente dal governatore Jeb Bush, fratello minore dell’attuale presidente.
Il nuovo segretario di Stato, come il suo predecessore, promette di essere una
delle persone più odiate dai simpatizzanti democratici. Già la scorsa primavera
si era fatta notare dichiarando “segreta” la lista dei presunti
ex-felon (i condannati per un reato anche una sola volta nella vita: la Florida è uno
dei sette Stati in cui una condanna penale, anche se scontata, preclude per sempre
il diritto di voto). Questa disposizione, risalente al periodo della Guerra di
Secessione, assume in Florida un significato particolare: la popolazione carceraria
è in maggioranza afro-americana e i neri votano prevalentemente democratico, quindi
la legge porta all’esclusione di decine di migliaia di potenziali elettori anti-Bush.
Siccome nel 2000 – si scoprì in seguito – quell’elenco era pieno di errori e
circa 22mila cittadini furono privati per sbaglio del diritto di voto, la segretezza
imposta dalla Hood non è stata tollerata dai media, che le hanno fatto causa con
successo. Una volta divenuta pubblica, si è scoperto che la lista di quest’anno
comprendeva più di 20mila afro-americani e solo 61 cittadini di origine ispanica
(in Florida i latinos votano in gran parte repubblicano). Sotto le pressioni dei media, l’elenco è
stato stracciato.

Oltre agli
ex-felon, all’ultimo momento potrebbero avere problemi nel votare anche normali cittadini
con la fedina penale pulita. Le autorità della Florida (cioè Glenda Hood) stanno
minacciando di escludere dal voto alcune migliaia di elettori appena
registrati nelle liste (negli Stati Uniti bisogna farlo di propria volontà, non succede
automaticamente al compimento dei 18 anni di età) perché si sono dimenticati di
mettere una crocetta alla domanda “Lei è cittadino americano?”, sebbene sul modulo
di registrazione venga richiesto di firmare una dichiarazione simile. “Tutto ciò
che stanno facendo sembra essere progettato per escludere la gente dal processo
democr
atico, invece di includerla”, ha detto alla rivista
Salon Jerry Traynham, un avvocato impegnato contro la Hood in numerose cause legali.
C’è poi il problema del metodo di voto. Dopo la telenovela delle schede anomale
nel 2000, si decise che il sistema della punzonatura andava abolito. Quest’anno
i cittadini della Florida daranno le loro preferenze con due metodi automatici
diversi, scelti dalle singole contee. Uno è la lettura con uno scanner del pallino
segnato con la matita vicino al nome del candidato scelto. L’altro è il sistema
del voto elettronico: si dà la preferenza toccando lo schermo con le dita. Un’innovazione
con cui si misurerà un elettore della Florida su tre, e che non è affatto immune
dal pericolo di brogli. Oltre al fatto che una delle tre aziende produttrici di
questi macchinari è una finanziatrice del partito repubblicano, il voto elettronico
non dà una ricevuta cartacea. Una conta dei voti in caso di testa a testa come
nel 2000, in pratica, è impossibile.
Le stranezze e le potenziali distorsioni del voto non finiscono qui. E’ tuttora
sotto osservazione la questione dei voti per corrispondenza, il cui uso è stato
incoraggiato dalla Florida dopo le elezioni del 2000: può votare con una absentee ballot anche chi è perfettamente in grado di recarsi al seggio, quindi non si tratta
di qualche migliaio di preferenze. E c’è già – specie tra gli anziani – chi denuncia
di aver ricevuto telefonate da persone che insistono per farsi consegnare la scheda
e portarla a destinazione; o che cercano di convincere i più creduloni che ora
è possibile votare anche per telefono, usando la tastiera.
I problemi del 2000, insomma, potrebbero ripetersi. La Florida rimane uno Stato
fondamentale per i due candidati: chi vince qui ottiene 27 Grandi Elettori, cioè
il 10 per cento del numero necessario per aggiudicarsi le elezioni. Gli elettori
di entrambi i campi si sono registrati in massa, e si prevede un’affluenza alle
urne alta per gli standard statunitensi (quattro anni fa votò un americano su
due). Anche per questo, per evitare resse dell’ultimo minuto, il voto in Florida
è cominciato lunedì 18 ottobre. E già si sono viste code ai seggi, con molte persone
costrette ad attendere per ore prima di stufarsi e tornare a casa.